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La mafia, diceva il giudice Falcone, “è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine”. Con questa speranza, nella giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, il Firenze Est ho ospitato tre testimonianze da Castelvetrano, dove la lunga latitanza del boss Matteo Messina Denaro ha coinciso con una lunga fase di oscura attività mafiosa.

Giacomo Di Girolamo, direttore della radio RMC101 riconoscendo che la mafia esiste ovunque ha sottolineato la specificità di quella italiana: sapersi pensare classe dirigente da sempre accanto al potere, in una società finisce per subirne i metodi. Per questo, orgogliosi delle scelte antimafia e degli strumenti giuridici esistenti, occorrono strumenti sociali, consapevolezza che ‘’no’’ può e deve esser detto.finisce per subirne i metodi. Per questo, orgogliosi delle scelte antimafia e degli strumenti giuridici esistenti, occorrono strumenti sociali, consapevolezza che ‘’no’’ può e deve esser detto.

Elena Ferraro sorella del nostro Giuseppe, dirigente di un’impresa sanitaria, ha lottato da Castelvetrano contro i soprusi della mafia presentatasi in un incontro improvviso, che voleva imporle un affare. Non c’è pizzo a Trapani, ha spiegato ma lavoro controllato. In pratica lei doveva diventare una macchina di produzione di fatture false per riciclare i denari della mafia e mantenerne il sistema. Rifiutò. Avvisò invece la polizia col cui aiuto, fu posto fine alle minacce.

Piccole scelte che portano a quelle grandi, ha ricordato con fermezza Elena che ripercorso la sua solitudine da quel primo incontro inquietante del 13 dicembre 2013. Non poteva parlare con nessuno ma lo Stato c’è e non è mai stata lasciata sola. Da qui la sua odierna conquistata libertà che non si stanca di raccontare poiché solo dall’educazione e dalla conoscenza può nascere il rifiuto della mafia.

E’ stato il caso di Giuseppe Cimarosa che ha raccontato la sua vita di parente del boss che grazie alla coraggiosa mamma e al cambiamento di vita del padre, imprenditore edile contagiato dalla mafia, ha rifiutato fin da piccolo la connivenza che purtroppo, ha detto, il territorio ha garantito, come fosse abituato alla criminalità organizzata, tanto da aver pianto (visibilmente sui social) il boss recentemente scomparso.

Le testimonianze che abbiamo ascoltato erano di tre persone normali, un giornalista, una dirigente d’azienda, un ippoterapeuta; persone diverse che desiderano fare solo la loro vita senza sottostare ai vincoli ambientali e familiari di una terra che va riscoprendo, con lentezza, talvolta, con fermezza, però, lo abbiamo visto questa sera